Radin, vattene in pensione! |
Scritto da Zilli | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Martedì 24 Novembre 2015 07:46 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Su un totale di 18.018, soltanto 1.594 Italiani hanno fiducia in Furio Radin.
I risultati delle elezioni, tenutesi l’8 novembre 2015, per il seggio specifico della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato sono i seguenti:
Sulla base dei dati, ci si chiede: La consultazione elettorale per il seggio specifico della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato ha da ritenersi democratica? Il livello di partecipazione al voto (e cioè l’affluenza alle urne di 2.451 votanti, che corrisponde al 13,60% degli iscritti nell’elenco elettorale, ovvero al 23,77% degli iscritti dopo aver escluso dall’elenco elettorale coloro che hanno esercitato il diritto al “voto politico”) non è talmente risibile da mettere in dubbio la legittimità del risultato? Come si fa a sottacere che una tale affluenza alle urne dovrebbe prevedere il fallimento di una consultazione elettorale che si suole definire democratica? E l’eletto con 1.594 voti (ossia con l’8,85% del consenso degli elettori e cioè con il 15,69% del consenso di tutti i votanti) ha da ritenersi legittimo rappresentante (deputato) della Comunità Nazionale Italiana in Croazia? Con quale faccia tosta si può sostenere che egli rappresenta democraticamente e legittimamente gli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana in Croazia? Su un totale di 18.018 elettori, soltanto 1.594 Italiani hanno fiducia in Furio Radin e, pertanto, ben 16.424 connazionali (dei quali 8.563 si sono recati alle urne per votare altri candidati, partiti o coalizioni) non lo vogliono come deputato della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato. Vi sono molti tipi di vittorie, inclusa quella di Pirro che, nel nostro contesto, contraddistingue l’elezione di Furio Radin al seggio specifico della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato per la settima volta consecutiva. Democrazia significa, alla lettera, “potere del popolo”. Affermare che “il potere è del popolo” significa stabilire che la fonte e la legittimità del potere scaturiscono, derivano dal popolo (dall’elettorato). Il che vuol dire che il potere è legittimo solo se investito dal basso, solo se è un’emanazione della volontà, del consenso popolare (elettorale). Il votare che elegge -la democrazia elettorale- avvia la democrazia rappresentativa, e quindi un sistema nel quale decidono i rappresentanti (non i rappresentati). Il vero potere dell’elettorato è il potere di scegliere i propri rappresentanti, e le elezioni sono uno strumento essenziale, che funziona secondo la regola maggioritaria. La democrazia elettorale e rappresentativa attraverso il principio maggioritario (le preferenze del maggior numero, la volontà generale) elegge i rappresentanti. Come riporta l’Enciclopedia Treccani, il principio di maggioranza è quello in base al quale nell’ambito di una qualsivoglia collettività la volontà espressa dai più deve prevalere ed essere perciò considerata come volontà di tutti ai fini dell’assunzione delle decisioni collettive (vuoi relative alla deliberazione di singoli atti, vuoi relative a elezioni). In questo senso la sua applicazione costituisce una regola per decidere. Si dice “maggioranza relativa” quella costituita dal maggior numero di coloro che si siano espressi su almeno tre scelte differenti, giacché in caso di due opzioni essa s’identifica con la “maggioranza semplice”, che è, invece, quella costituita dalla metà più uno di coloro che si sono espressi. La “maggioranza assoluta” corrisponde invece alla metà più uno di coloro che hanno diritto a pronunciarsi. Quanto più ci si allontana verso il basso dalla “maggioranza assoluta” e, soprattutto, dalla “maggioranza semplice”, tanto più il numero dei consensi necessari all’approvazione di una proposta e all’elezione di una persona si riduce, sicché il “principio di maggioranza” si trasforma in “principio minoritario”, inteso nel senso che una minoranza di coloro che si siano espressi può impegnare l’intera collettività; mentre quanto più ci si allontana verso l’alto dalla “maggioranza semplice”, tanto più il numero dei consensi necessari all’approvazione di una proposta o all’elezione di una persona si avvicina all’unanimità. Come si sostiene, “i più vedono meglio dei meno”, per cui le scelte di molte persone hanno più probabilità di essere sagge e meno soggette a errori grossolani rispetto a quelle compiute da uno solo o da pochi. Tenuto conto di quanto sopra riportato, Furio Radin non ha mai avuto la fiducia della maggioranza assoluta degli Italiani in Croazia. Egli ha ottenuto il consenso elettorale della maggioranza semplice dei votanti nel 1992 e nel 1995, che poi è diventato il consenso elettorale della maggioranza relativa dei votanti nelle elezioni successive dal 2000 al 2015. Concretamente, dal 2007 a oggi, Furio Radin rappresenta gli Italiani in Croazia sulla base del “principio minoritario” (con il voto di una minoranza, costituita da coloro che hanno esercitato il diritto al “voto etnico”, rispetto a una maggioranza, che ha esercitato il diritto al “voto politico”). Se la democrazia è quel sistema in cui è possibile per il corpo elettorale disfarsi periodicamente in maniera pacifica (col voto) dei propri rappresentanti, allora gli Italiani in Croazia si sono disfatti di Furio Radin ancora nel 2007. Il fatto che egli abbia proseguito a ricandidarsi e a conseguire dei consensi elettorali irrisori e, conseguentemente, irrilevanti per potersi definire rappresentante (deputato) degli Italiani è dovuto alle permissive disposizioni di legge in Croazia, che non fissano alcuna soglia minima del consenso elettorale per essere eletti. In tale senso, c’è un difetto di democraticità in Croazia. Un rappresentante eletto dovrebbe essere legittimo solo quando ottiene dagli elettori (o dalla loro maggioranza) un consenso tale da consentirgli di rappresentarli. Una rappresentanza senza un rilevante consenso elettorale è dubbia e la rappresentanza “presunta” è una mistificazione. Oggi, infatti, ci si trova nella situazione in cui i numeri rispecchiano le cause. Le cifre raccontano che soltanto 1.594 elettori (su un totale di 18.018) hanno fiducia in Furio Radin. Pertanto, 16.424 elettori connazionali non credono alla sua arte affabulatoria e di questi ben 8.563 si sono recati alle urne per votare altri candidati, partiti o coalizioni. In rapporto alle precedenti elezioni parlamentari il suo fan club si è dimezzano, e già allora contava soltanto 3.067 membri (su un totale di 18.387 elettori Italiani). Il suo percorso elettorale, per il seggio specifico della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato dal 1992 al 2015, registra un andamento in netta discesa dal 1995 a oggi, toccando alle ultime elezioni parlamentari il minimo storico. Dal 1995 in poi, ha continuato a erodere consensi, a perdere fiducia a mani larghe. Gli italiani non si fidano più di Radin da parecchi anni e il crollo delle sue quotazioni lo sta dimostrando. Il suo tempo è “scaduto” da parecchi anni, e anche se lo capisce, non lo vuole accettare. La sfiducia complessiva nella sua politica è più che evidente: a furia di figuracce, promesse non mantenute e fallimenti politici. Solo un (1) italiano su undici (11,3) si fida di Furio Radin. Se anche questo dato non lo preoccupa, allora ciò sta significando che se ne infischia altamente della stragrande maggioranza della Comunità Nazionale Italiana, ossia dei suoi 16.424 connazionali. Egli sarà ricordato come colui che, infischiandosene dei suoi connazionali, che da parecchi anni gli hanno manifestato un rilevante dissenso elettorale (una sfiducia), preferisce continuare a rappresentarli senza avere la loro fiducia, ossia anche se delegittimato dai suoi connazionali. Tanto, lui se ne frega della democrazia, del consenso elettorale, dei principi democratici, della volontà dei suoi connazionali; per lui è importante rimanere saldamente ancorato alla poltrona di deputato con un eccellente reddito, il massimo del tempo possibile, per poi ritirarsi in pensione con il suo vitalizio (per acquisire il quale ha avuto la spudoratezza di dichiararsi pensionato per un solo giorno, dopo aver accumulato uno stato di servizio come deputato che dura ininterrottamente da 23 anni). Non occorre improvvisarsi sociologi della politica per comprendere che i numeri del suo consenso, o meglio dire dissenso, elettorale rispecchiano l’insuccesso delle sue azioni. Quest’ultima clamorosa bocciatura decreta la volontà generale dei suoi connazionali nei confronti della sua attività politica. Peccato. Peccato, perché avrebbe potuto “salvare” sia la Comunità Nazionale Italiana e sia se stesso, ritirandosi quando ancora rappresentava legittimamente una consistente parte degli Italiani in Croazia, ma non l’ha voluto fare, ha preferito portare a termine la sua carriera politica nel peggiore dei modi, con un credito elettorale irrisorio, insignificante che, se non fosse tragico, sarebbe comico. Purtroppo, in questa situazione, non è soltanto lui che è ridicolo ma anche l’intera Comunità Nazionale Italiana, che si vede degenerare la rappresentatività e la reputazione al Parlamento croato e nei confronti dell’Italia. Costatata la sfiducia nei suoi confronti, Furio Radin dovrebbe dimettersi sia dalla funzione di deputato sia da quella di Presidente dell’Unione Italiana, naturalmente se ci tiene alla Comunità Nazionale Italiana. Per terminare, i risultati elettorali di Furio Radin per il seggio specifico della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato dal 1992 al 2015 sono i seguenti:
Fonte dei dati riportati: sito ufficiale della Commissione elettorale statale della Repubblica di Croazia (http://www.izbori.hr/ws/index.html). |
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